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4 years ago

Numero 39

Fare surf in Islanda, grazie alla nuova Land Rover Defender | Mappamondi artigianali a Londra da Bellerby & Co | Galleria di foto mozzafiato scattate con i droni | La scrittrice Helen Russell approfondisce il concetto di felicità | Breve racconto esclusivo di Jean Macneil

“Attaccherebbero un

“Attaccherebbero un cavallo?” “Oh sì. Il cavallo assomiglia molto a un’antilope roana o nera, o a un kudu, del resto.” Dissi alla donna che nel Basso Veld evitavo sempre l’albero di jackelberry, perché è una posta perfetta per leopardi con i suoi rami ampi e piatti e bassi per trascinarvi le prede. Il leopardo è il più calcolatore dei grandi felini, le spiegai. Il più volatile. Ha una potenza eccezionale: una femmina pesa solo 42 chili, ma può sollevare un cucciolo di giraffa su un albero da sola. Mentre parlavamo persi di vista Leo. Fui scossa da un brivido, anche se saranno stati 30 gradi. Pensai che fosse strano. Non ebbi il tempo di classificare quella sensazione come una premonizione, perché intravidi la coda di un animale che scompariva dietro un angolo. Percepii, più che sentire, il trambusto. Una zuffa, poi il chiaro sbuffo di un cavallo. Prima che me ne accorgessi Siegfried ci trotterellò davanti. Spronai Eeshani. Leo giaceva a terra. Non mi piacque la posizione fetale del suo corpo. Scesi dalla sella. “OK, restate tutti in sella”. La famiglia chiese in coro: “Cosa è successo? Starà bene? Mi abbassai e lo sollevai dalle ascelle. “Leo, Leo”. Dietro di me, Eeshani scappò, cosa che faceva raramente, perché era una purosangue insolitamente tranquilla. La vidi trottare via, le briglie allentate intorno al collo. “Non muovetevi”, urlai, ma non era necessario. La famiglia era paralizzata sulla sella e fissava irrigidita qualcosa dietro di me. Con Leo ancora inerte tra le bracia, mi voltai. Anche nella piena luce del giorno l’ombra si stagliava nel paesaggio: il dorso screziato, le macchie giallo e ocra come pietre in un fiume. Lasciai il corpo di Leo. Mi alzai e guardai il leopardo negli occhi. Erano dello stesso verde metallico della spina di bufalo. La sua coda ondeggiava avanti e indietro, ipnotica come un cobra. Avevo voglia di dirgli: “Non dovresti essere qui”. C’è una superstizione tra le guide naturalistiche, l’equivalente del dire ‘Macbeth’ a teatro: non si dice mai il nome dell’animale che i clienti desiderano vedere se vuoi che si materializzi. Il volto del felino si trasformò in una maschera di spietatezza senza alcuno sforzo. I due incisivi a sciabola ingialliti brillavano. Pensai al dettaglio che avrei taciuto alla donna che ora sedeva in sella impietrita a soli 50 metri, se me lo avesse chiesto: quando i leopardi attaccano gli umani gli tolgono lo scalpo, strappando loro il viso e la corona della testa con i denti. Ci fissammo per un tempo che parve infinito. Poi qualcosa passò dietro agli occhi del leopardo, che si “ La famiglia era paralizzata sulla sella e fissava irrigidita qualcosa dietro di me ” voltò e si allontanò a grandi falcate. Pensai alla luna. Non so perché, ma mi vennero in mente i nomi dei suoi mari. Ebbi la visione fugace del Sig. Du Plessis che ce li insegnava in 5°, Leo e io seduti vicini ai nostri banchi: Oceanus Procellarum, Mare Crisium, Mare Imbrium. Quella notte Leo e io ci sedemmo nella nostra veranda. “Sei sicuro di non avere una commozione cerebrale?” “No” rispose, cullando la testa tra le mani. “Ok, domani andiamo dal dottore”. Il cielo era stellato. “Guarda”, dissi indicando la rossa penombra di Antares, il cuore della costellazione dello scorpione. La piccola Croce del Sud si inclinava sull’orizzonte, puntando a sud fino all’Antartide. ‘Abbiamo mai visto stelle come queste a Città del Capo?’ “No, eravamo troppo impegnati”. Deglutì. “Non l’ho visto. Quante volte mi ha disarcionato Siegfried? Una, forse due volte, in dieci anni”. Ogni caduta è un colpo all’orgoglio di ogni cavaliere. Dissi: “Se vuoi smettere per un leopardo è comprensibile”. I nostri occhi si incontrarono. Erano gli stessi occhi che guardavo da quasi 30 anni: compagno di banco e di equitazione, migliore amico. Nel suo senso di colpa si celava una nota di rimprovero ora. Solo più tardi capii che cercava di scusarsi, per essere quasi morto e aver messo in pericolo la mia vita e spaventato la famiglia, per il fallimento della nostra attività e una misteriosa scomparsa in cui ero coinvolta. Disse: “Sei sempre stata così in gamba”. Un brivido mi attraversò, un’altra intuizione forse. Una mattina, tra non molto, mi sveglierò nel cottage infestato dai babbuini per scoprire che gli stivali di Leo, la sua giacca e il suo rimorchio sono spariti. Lascerà i cavalli. Sa che non sopravviverei senza cavalcare ogni giorno. Ebbi una visione improvvisa: guidavo tour tra le pianure marziane del Cederberg da sola. I clienti chiedevano i nomi di fiori, alberi e animali del bioma di Namaqua. Io recitavo: rosmarino selvatico, vye selvatica, procavia, albero bastardo del fremito. Ci inoltravamo tra rocce precambriane, lungo fiumi prosciugati da secoli, seguendo la più debole esalazione di cannella di montagna, il fynbos. Il viso di Leo era rivolto alla notte, confinata dalla lanterna dell’uragano. La notte ci guardava di rimando, implacabile come le montagne, più spessa dell’aria. 74

 

LAND ROVER MAGAZINE

 

Land Rover Magazine narra le storie provenienti da ogni angolo del mondo che esaltano la forza d'animo e l'esigenza di spingersi oltre qualsiasi confine, Above and Beyond.

In questo numero Nuova Defender è messa alla prova da due giovani appassionati di avventura che si accingono a esplorare il Polo Sud. Inoltre, per celebrare il cinquantesimo anniversario di Range Rover, andremo alla scoperta di Dubai. Volgeremo poi lo sguardo verso nuovo orizzonti per incontrare i progettisti impegnati nello sviluppo di tecnologie in grado di cambiare il futuro di tutti noi.

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